15 Novembre 2021
di: Girovagando in Trentino
Giunto alla sua quinta edizione, il Festival dello Sviluppo Sostenibile è la più grande iniziativa italiana per sensibilizzare cittadini, imprese e istituzioni sui temi della sostenibilità. L’obiettivo finale è quello di condurre il nostro paese a un cambiamento culturale e politico, in linea con i punti previsti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Quello del 4 ottobre è stato uno degli appuntamenti più importanti sul calendario dell’edizione di quest’anno: il MUSE, il Museo delle scienze di Trento, ha infatti inaugurato la sua nuova Galleria della Sostenibilità.
Grazie al ruolo ricoperto dai più importanti accordi internazionali quali la COP di Parigi e l’Agenda 2030, la parola sostenibilità ha assunto in questi ultimi anni connotazioni nuove nella nostra coscienza condivisa. Sin dalla sua inaugurazione nel 2013, anche il MUSE ha sempre dedicato tempo e spazio a questo tema cruciale.
La sfida di quest’anno era di raccontarlo in maniera un po’ diversa, facendo capire che quando si parla di sostenibilità si parla di scienza della complessità. Come ci spiega il suo curatore David Tombolato, la Galleria della Sostenibilità, allestita al primo piano del museo, vuole restituire al visitatore proprio questa sensazione.
“Un piano per la sostenibilità” è il nome dello spazio espositivo che il MUSE dedica ai principali fattori del cambiamento globale in atto, dalla questione climatica alla perdita di biodiversità, dall’aumento della popolazione mondiale alla lotta alle disuguaglianze sociali. L’esposizione, forte di un ampio spazio completamente rinnovato, esplora i molteplici futuri del nostro abitare il pianeta (quelli possibili, probabili, ma anche desiderabili), con la consapevolezza che la conoscenza potrà aiutarci a capire come affrontare al meglio le sfide che ci attendono.
Mettere mano alle sale permanenti in un museo, com’è stato fatto in questo caso, significa andare a toccarne la mission, parlare della sua identità, ridefinendola e allineandola alla nuova visione impressa dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. La galleria espone concetti, ma anche casi concreti e gli exhibit esplicativi si completano con alcune visioni di temi particolarmente controversi, realizzate in forma di interviste intergenerazionali.
Una selezione di casi concreti di ricerca e di esperienze imprenditoriali – infine – racconta come anche il settore privato rivesta un ruolo chiave nel percorso verso il raggiungimento dei 17 SDGs (gli obiettivi proposti dall’Agenda 2030), attraverso lo sviluppo di modelli più sostenibili.
I sei tavoli espositivi sono stati dedicati ai grandi driver della crisi ecosistemica: perdita di biodiversità, cambiamento climatico e aumento demografico. L’ultimo di questi propone alcuni scenari futuri, proiettandoci in un domani ignoto la cui definizione spetterà soltanto a noi e al nostro operato. Passeggiando tra i tavoli sarà possibile fare curiose scoperte come quella del plastiglomerato, una particolare roccia derivante dallo spontaneo assemblaggio di residui plastici: mai esistita prima in natura, è solo uno degli esempi dell’inquietante deriva demiurgica esercitata sul pianeta dal nostro agire.
Annoverabile tra i fenomeni più urgenti da contenere è il declino della biodiversità, ovvero la riduzione delle specie viventi per numero e variabilità. Uno dei tavoli è stato dedicato all’esposizione del materiale recuperato dalla CITES, l’organizzazione internazionale che si occupa di regolamentare il commercio delle specie.
Si tratta dei reperti provenienti dalle specie a rischio di estinzione che ancora oggi continuano ad essere sequestrati dagli operatori CITES negli aeroporti. Ma su questo tavolo vengono raccontate anche le cause primarie della perdita di biodiversità: la degradazione degli habitat naturali, l’introduzione di specie aliene invasive, il sovra sfruttamento delle risorse naturali.
Il nostro stile di vita sempre più energivoro ha portato ad un consumo sempre maggiore di combustibili fossili, con tutte le conseguenze sul clima che ben conosciamo. A pagarne le conseguenze peggiori sono proprio i paesi che meno hanno contribuito al problema, con risvolti drammatici sulle loro comunità a basso reddito, le più emarginate ed escluse. Dovremmo comprendere che quella del cambiamento climatico non è solo una questione ambientale, ma anche etica e politica. Una nostra responsabilità della quale occorre prendersi carico, anche in nome delle future generazioni.
Ad oggi sulla Terra siamo quasi 8 miliardi di persone: garantire a tutti uno stile di vita dignitoso è un’immensa sfida per il futuro. Siamo e consumiamo sempre di più; persino negli smartphone sono presenti elementi naturali che rischiano di scomparire entro cento anni. Occorre trovare metodi sempre più efficienti per riciclare prodotti e rifiuti, recuperando risorse che potrebbero diventare le materie prime del futuro.
Il grande obiettivo di questa esposizione è quello di fornire più chiavi di lettura per il problema della sostenibilità. Andare ad indagare ciò che ognuno di noi può fare per essere – a tutti gli effetti – sostenibile. Ognuno in quanto cittadino, istituzione, azienda privata: tre categorie che dovrebbero lavorare costantemente insieme per non incorrere nel rischio di deresponsabilizzarci. Solo così si potranno diffondere l’advocacy e le pratiche culturali necessarie ad inserirsi in una logica di “urgenza fattiva”, che sappia sostenere intensità di azione, innovazione nelle soluzioni adottate e responsabilizzazione verso i risultati.