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18 Settembre 2020

VAJOLET: LA RISCOPERTA DEL FASCINO DEI RIFUGI

di: Girovagando in Trentino

L’estate sta finendo ma non la voglia di montagna e di natura.

Siamo nella valle del Vajolet che dal Ciampedie, dopo aver profittato dell’impianto di risalita, ci conduce verso il Gardeccia.  Ci accompagna l’amico di altre escursioni Giuliano Pederiva, appassionato di Dolomiti ed esperto Accompagnatore di Media Montagna che dedica gran parte del suo tempo alla promozione degli aspetti naturalistici della sua valle.

La prima tappa riguarda proprio il Rifugio Gardeccia dove ci accoglie Marco Desilvestro.

Il Gardeccia è una vera istituzione nella valle del Vajolet e viene gestito dalla famiglia Desilvestro da ben 118 anni. Qui si trovano anche alcune stanze che possono garantire una vacanza escursionistica a stretto contatto con l’ambiente del Catinaccio le cui pareti verticali ci attendono dopo un breve tragitto a piedi.

Poco distante dal Gardeccia troviamo un altro simbolo di questa località, il Rifugio Stella Alpina, recentemente ristrutturato e gestito dalla famiglia Riz. Filippo Riz, padre di ben sei figli che lavorano presso il rifugio, ci parla della particolare clientela che soggiorna presso questa struttura molto attenta, fra le altre cose, anche alla cucina tradizionale.

Con Giuliano Pederiva percorriamo il facile sentiero che ci conduce verso i rifugi Vajolet e Preuss ed entriamo così nel settore centrale di un gruppo che i ladini chiamo Cadenac o Vaiolon, ad indicare un gruppo montuoso formato da una catena di monti, ed i tedeschi Rosengarten, ad indicare un giardino di rose.

Fabio Bernard, del Rifugio Vajolet, ci parla della storia di questa struttura la cui costruzione si deve ai club alpinistici austriaci verso la fine dell’Ottocento.

Schiere di alpinisti ed escursionisti sono passati da questi luoghi nel corso del tempo e Fabio ripercorre una storia che in questo momento è rappresentata dalla riscoperta dei tragitti da rifugio a rifugio per vivere a pieni polmoni la dimensione dolomitica, assaporare la quiete di questi rifugi alla sera e vivere il piacere di grandi ascensioni ed escursioni.

Poco distante, al Rifugio Preuss, ci accoglie Ivo Piaz, nipote del celeberrino “Diavolo delle Dolomiti” meglio noto come Tita Piaz. Tita ha rappresentato un simbolo della sua terra sia per quanto riguarda la visione e la capacità alpinistica (sue sono le prime salite oltre le normali del Catinaccio), sia per quanto riguarda la cultura ladina, da sempre ancorata a forti principi autonomistici e libertari.

Non a caso Tita Piaz ha dedicato il suo rifugio alla memoria di Paul Preuss, un fuoriclasse dell’arrampicata libera e con protezioni “leali” prematuramente scomparso agli inizi del Novecento.

Si fa sera e scendiamo a valle giusto in tempo per raggiungere nella sua baita l’amico Gianni Calenzani che ci illustra il piccolo museo di famiglia dedicato alla sua lunga militanza nel soccorso alpino della valli di Fassa.

La vita di Gianni è cadenzata da un lungo impegno sul versante alpinistico e da un importantissimo apporto alla sicurezza e al soccorso in montagna che vengono riassunti in questo piccolo scrigno di memoria dove sono recuperate attrezzature e materiali che testimoniano l’evoluzione dell’alpinismo e delle diverse forme di avventura che è possibile vivere su queste montagne.

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