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14 Marzo 2014

Tra previsioni del tempo e bollettini valanghe: il lavoro di Meteotrentino

di: Alessandro Vaccari

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Meteotrentino è un servizio particolarmente apprezzato da chi, turisti e residenti, si avventura sulle nostre montagne.

Questa stagione invernale, dalle caratteristiche particolari, ci porta a fare due considerazioni con Alberto Trenti, direttore di Meteotrentino, con il quale parliamo di previsioni, valanghe ma non solo…

L’intervista, divisa in due parti, sarà on line tra oggi e il prossimo lunedì.

Alberto, raccontaci qualche dato di questa stagione invernale. Una stagione sicuramente particolare…

Dal 1987 al 2007 è sempre nevicato pochino, con alcune eccezioni in qualche inverno. Negli ultimi 5-6 anni abbiamo avuto invece 3 inverni straordinariamente nevosi. La stagione 2008-2009, quella 2009-2010 e questa, che sta battendo tutti i record come quantità di neve caduta. Dicembre gennaio e febbraio sono stati mesi con precipitazioni record. E’ stato fino ad ora un inverno tiepido e ricchissimo di precipitazioni, praticamente un lungo e piovoso autunno. Va da sé che in alta quota le precipitazioni sono state nevose, di conseguenza sopra i 2500 metri abbiamo avuto anche 10 metri di neve. Nel fondovalle invece, il percepito è stato meno “romantico” perché ha piovuto moltissimo.

Facciamo un passo indietro. Qual è esattamente il ruolo di Meteo Trentino e come lavora sul territorio?

Meteotrentino è un’unità di lavoro all’interno del Dipartimento di Protezione Civile della provincia Autonoma di Trento. Svolgiamo servizi di previsione metereologica su tutto il territorio e ci occupiamo anche di nivologia e glaciologia. Negli uffici di Trento, rielaboriamo i dati che raccogliamo grazie alla gestione di 120 stazione metereologiche, in particolare quella del Monte Macaion (Alta Val di Non), dotata anche di radar, che monitora tutte le precipitazioni della regione, sia per noi che per la provincia di Bolzano. Siamo inoltre in procinto di aprire una nuova stazione molto sofisticata a Doss Casina, sopra Nago. Ci possiamo inoltre avvalere del profilatore di vento all’aeroporto a Mattarello. Insomma, infrastrutture che ci servono per poter ricevere molti dati in momenti diversi e quindi poter esprimere delle previsioni il più precise possibili. Questo essere capillari ci costringe anche ad un notevole lavoro di manutenzione, perché la tecnologia è delicata, soprattutto a certe quote e temperature.

Dicevamo, previsioni del tempo ma anche servizio nivologico, importante in questo periodo.

I dati che ci arrivano vengono rielaborati sia per le previsioni che per la redazione dei cosiddetti “Bollettini Valanghe”. Qui entra in gioco il nostro ruolo come Protezione civile, siamo infatti i responsabili tecnici della vigilanza meteorologica. Esiste pertanto un protocollo della provincia, per cui noi dopo aver rilevato particolari o possibili rischi per le 24-36 ore seguenti, emettiamo dei bollettini per vallata che vengono poi diramati alle autorità competenti in tutti i campi (ferroviario, stradale, reti elettriche ed altre ancora). In questi bollettini diamo anche alcuni consigli tecnici sui provvedimenti da adottare. Generalmente sono poi i sindaci (o altre autorità competenti) che provvedono all’esecuzione del provvedimento. I Bollettini sono di solito diramati anche con il lavoro della Commissione locali valanghe. Queste sono nominate dalla giunta provinciale su proposta dei sindaci. Le commissioni includono tra i 5 ed i 10 membri, gente che conosce il territorio e la montagna. Noi diamo loro supporto per gli eventuali sopraluoghi.

Per dare qualche dato, avete qualche statistica sulla correttezza delle vostre previsioni?

Le previsioni meteo hanno una qualità che dipende molto dalla stagione. Ci sono periodi in cui l’atmosfera è più stabile ed è più facile fare previsioni corrette anche a 3-4 giorni di distanza. In altri periodi invece l’atmosfera subisce cambiamenti repentini quindi anche la previsione sul giorno successivo è molto impegnativa e può indurre in errore. Parlando in termini statistici, diciamo che la previsione in prossimità delle 24-36 ore ha un’affidabilità attorno al 99 per cento, nel senso che ci sono solo 2-3 giorni all’anno in cui si sbaglia la previsione quasi completamente. Su previsioni a 4-5 giorni, la possibilità di errore aumenta al 30-40 per centro. Per fare un paragone con tempi passati, la previsione che si fa sui 5 giorni ha la stessa probabilità di successo che 30 anni fa aveva la previsione sul giorno dopo. Il meteorologo di oggi non è più bravo, ma ha strumenti tecnologici nettamente superiori.

In realtà però, tutti questi discorsi vengono poi smentiti da alcune situazioni singolari. E’ il caso, ad esempio, dei temporali estivi. Prevenire dove come e quando ci sarà il temporale è molto difficile. Si intuisce con buona sicurezza che accadrà, ma il problema poi è che per sua natura il temporale ha raggio d’azione e tempistica molto ridotti. Quindi ogni tanto accade che si emettano bollettini con la previsione di temporali, che poi magari arrivano solo in un porzione di una valle. Ecco che quindi per alcuni la previsione è azzeccatissima, per altri è completamente errata. Se la zona “errata” è zona a valenza turistica nasce qualche malumore. Ma in realtà sono eventi per loro natura non semplici da prevedere.

Inoltre sottolineo che non è detto che Meteotrentino sia riferimento per tutti gli escursionisti, si corre anche il rischio che alcuni turisti specialmente da fuori consultino altre previsioni, magari meno localizzate rispetto alle nostre, e quindi meno precise.

Per non nascondersi dietro ad un dito però, dobbiamo anche ammettere che ogni tanto sbagliamo anche noi, ma vi posso assicurare che i nostri previsori hanno una notevole passione per il loro lavoro, tengono molto a fare una bella previsione e sono i primi a rammaricarsi se qualcosa non va come hanno previsto.

(fine prima parte)

Certo non sarà facile la gestione di tali quantità di neve in quota.

Questo inverno anomalo ha portato alcune conseguenze. Innanzitutto, la situazione dei rifugi d’alta quota, letteralmente sommersi di neve, in alcuni casi addirittura non si vedeva nemmeno più alcuna traccia del rifugio. Inoltre, è facile pensare che in quota la neve rimarrà più tempo rispetto al solito.

Abbiamo visto tutti poi le immagini del rifugio Agostini, travolto da una valanga. In quel caso purtroppo si è trattato di una sfortunatissima coincidenza. Quell’evento era una valanga di tipo polveroso, di quelle che si formano quando nubi e vento alzano quantità di neve fresca e polverosa creando vortici alti 50 o 100 metri. E’ una tipologia molto rara nella nostra zona. Qui da noi di solito le valanghe sono di tipo radente, ovvero masse di neve che si staccano ed iniziano a scivolare verso il basso, un po’ l’equivalente di ciò che accade con le terre durante una frana. Fatto sta che la famiglia che gestisce il rifugio Agostini da 70 anni, non ha ricordi di eventi di questa portata.

Andiamo verso un periodo in cui le nostre montagne saranno particolarmente frequentate. Qualche consiglio per gli escursionisti primaverili?

Il periodo primaverile è piuttosto rischioso, poiché il riscaldamento primaverile porta la neve a fondere in superficie, l’acqua di fusione si infiltra nel manto nevoso e va a rompere i legami che ci sono al suo interno, raggiunge gli strati duri (che possono essere croste intermedie o il contatto tra neve e terreno), lubrifica il piano di scivolamento e quindi partono le valanghe più facilmente.

Ci sono alcune regole che tutti dovremmo conoscere: non andare mai da soli in montagna e camminare distanziati, soprattutto in quota; andarci inoltre con le giuste attrezzature, sia di vestiario che tecniche come artva, pala e sonda. E’ fondamentale saper usare questi strumenti, controllare che funzionino, che l’artva sia carica, che mentre si marcia sia in modalità “trasmissione”. Inoltre è importante conoscere il territorio dove si cammina, farsi aiutare dalle guide alpine, saper valutare eventuali rischi: i nostri bollettini, per precisi che siano, descrivono aree piuttosto ampie, ma è utile saper riconoscere le situazioni in loco. Il canalino particolare, l’esposizione specifica, questi fattori richiedono una valutazione fatta in quel contesto e quindi bisogna saperlo fare, sapere se c’è o meno un cumulo da vento, sapere se ci sono differenze di temperature, saper valutare la pendenza dei pendii.

Che primavera ci dobbiamo aspettare?

Per ciò che riguarda le previsioni sulla primavera è come lanciare la moneta (ride ndr). La gente di fondovalle sente aria di primavera, ma in montagna sanno che siamo poco oltre la metà inverno: sopra ai 1200- 1500 metri di quota può nevicare anche fino ad aprile inoltrato, se non oltre.

Prevedi problemi legati allo smaltimento di tutta questa neve da parte del territorio?

Non è detto, dipenderà da quanto rapidamente il terreno potrà assorbire le precipitazioni, quindi dipenderà da intensità e durata delle piogge.

Se le piogge saranno molto concentrate, potremmo avere qualche problema, perché l’acqua scioglierà la neve e trasporterà a valle una quantità di liquami che il terreno non riesce ad assorbire autonomamente e quindi si ingrosseranno i torrenti.

Se invece la pioggia cadrà più diluita nel tempo, allora il terreno può assorbire con meno fatica.

Di solito è in estate che si valutano le condizioni dei ghiacciai. Ci dai comunque un aggiornamento della situazione?

Sulla questione ghiacciai, il trend rimane più o meno simile. I ghiacciai perdono massa nei mesi estivi (di solito luglio agosto e settembre) ed hanno continuato a perdere massa negli ultimi quarant’anni: negli anni ’80 e ’90 si registrava in media circa 1 metro di abbassamento annuale, adesso la perdita è verso i 2 metri. Per effetto della temperatura, il ghiaccio si scioglie e quindi il ghiacciaio perde massa e superficie. Inoltre si frammenta, poiché ritirandosi fa emergere rocce che prima non affioravano.

Il depauperamento è dovuto alla temperatura della terra, e ciò significa che la temperatura dell’aria in estate è più alta che in passato. Fa parte dei cicli naturali, glaciazioni ed inter glaciazioni ci sono sempre state. Ciò che cambia oggi è il fatto che è ragionevole pensare che questo fenomeno sia causato anche da attività antropiche, che producendo il gas serra creano un velo che impedisce la fuoriuscita del calore dalla terra.

Questi inverni cosi abbondanti di neve aiuteranno anche i ghiacciai?

Purtroppo non è detto. Sul ghiacciaio è faticoso vedere gli effetti delle precipitazioni invernali: se l’estate è calda anche un inverno abbondante viene vanificato. Per avere formazione di ghiaccio hai bisogno di 5-6 anni di freddo consecutivi, di temperature fresche anche d’estate e quindi se il processo non è continuo risulta difficile notare cambiamenti significativi.

Possiamo però dire che negli ultimi 5-6 anni il depauperamento ha dato segnali di leggero rallentamento.

Siamo sempre in perdita ma questi ultimi anni hanno fatto emergere un’accelerazione meno grave, diciamo che saremmo messi peggio se avessimo continuato ai ritmi del 2003 o 2004.

In 100 anni abbiamo avuto un aumento di temperature troppo rapido. A quanto pare i cambiamenti di temperatura che prima si registravano in 100.000 anni, li abbiamo registrati negli ultimi 100 anni.

Quindi è la velocità del processo, non il processo in sé a preoccupare. Ed è distruttivo, perché non c’è tempo di adeguarsi, di trasformare i propri comportamenti prima che sia troppo tardi.

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AUTORE DEL POST:

Alessandro Vaccari

Partito dal mondo degli eventi, si dedica al coordinamento di enti del terzo settore, al giornalismo agri-turistico, all'organizzazione di progetti formativi, all'animazione territoriale con particolare riferimento a temi come la ruralità, il territorio e la sostenibilità (ambientale e sociale).

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