pale di s martino

Attività:

  • Difficoltá
  • Durata:
    ore
  • Lunghezza
    km
  • Dislivello
    m
  • Altitudine Massima
    m slm

Nei grandiosi deserti “lunari” dell’Altopiano delle Pale – 27/08/2004

Volete sperimentare cosa prova un astronauta ad atterrare sulla Luna, o su Marte? Noi l’abbiamo fatto per voi! 🙂 Siamo “sbarcati” con una speciale navicella, nella fattispecie la Funivia della Rosetta sulle Pale di S. Martino, a 2700 metri di quota, sulle soglie del grandioso altopiano “lunare” delle Pale: un colossale tavoliere roccioso tra i 2500 e 2800 metri, che si estende per ben 50 chilometri quadrati! Uno spettacolo assolutamente unico nel panorama dolomitico. Ne esploreremo una parte con un percorso ad anello di circa 15 chilometri.

Le Pale di S. Martino

Il Gruppo delle Pale di San Martino è ritenuto la più vasta barriera corallina delle Dolomiti. E’ tra più interessanti gruppi montagnosi dal punto di vista naturalistico e geologico: con le sue innumerevoli guglie, torri, campanili e bastionate che cambiano colorazione al variare dell’intensità della luce e delle stagioni è uno degli spettacoli naturali più affascinanti dei Monti Pallidi.

La prima volta sulla luna

Appena usciti sul terrazzo della stazione d’arrivo della funivia della Rosetta restiamo senza fiato: ci si apre dinnanzi, complice una giornata spettacolosa, un deserto roccioso che si perde a vista d’occhio. Verso nord ovest è chiuso dai poderosi contrafforti rocciosi di Cima Corona m 2768 e, in fondo, dal profilo del Cimon della Pala m 3184, la vetta più celebre del gruppo. A meno di mezzo chilometro dalla stazione di arrivo della funivia spicca sulle rocce calcaree il Rifugio Rosetta, uno dei più più vecchi rifugi della S.A.T., essendo stato costruito nel 1889. Già questo prima visione da girone dantesco ci conferma che oggi sarà una giornata davvero speciale. Confessiamo di non aver mai -colpevolmente- frequentato granché le Pale di S. Martino, poiché preferiamo di gran lunga gli ambienti ameni e verdeggianti a quelli troppo aspri su territori prettamente alpinistici. Tuttavia l’idea di fare un salto sulle Pale, tanto per cambiare orizzonte ogni tanto, è nata quasi per caso mentre ci trovavamo a Passo Rolle per un’escursione al Colbricon. Scesi in auto fino a S. Martino di Castrozza in circa 20 minuti, abbiamo raggiunto la telecabina “Col Verde”, che porta alla stazione di partenza della storica funivia Rosetta, che in un balzo arriva poco sopra Passo Rosetta a 2700 metri di quota. La funivia è stata rinnovata di recente dopo mezzo secolo di onorato servizio.

Itinerario e mappe

Come in ogni escursione seria, l’itinerario (jpg 490 k) è deciso in anticipo a tavolino, carte alla mano: Tabacco 022, Kompass 622, GEOgrafica 79 (purtroppo ormai introvabile). Il solito confronto tra carte mette in evidenza ancora una volta la superiorità delle carte Tabacco nella rappresentazione del territorio: in un colpo d’occhio si distinguono molto bene valli, crinali, impluvi e spartiacque. La Kompass è meno intuitiva ma probabilmente migliore e più aggiornata riguardo il tracciamento della sentieristica. Le ottime cartine GEOgrafica invece, stampate nel Primiero e ricavate dai tipi dell’Istituto Geografico Militare (IGM), sono diventate quasi introvabili poiché l’azienda che le produceva ha chiuso. Difficile in ogni caso dire quale sia preferibile in assoluto: a volte è migliore una, a volte l’altra, la cosa migliore resta avere più mappe e fare un istruttivo confronto. Da bravi “orsi”, l’imperativo era di evitare le noiose “processioni” di turisti sui sentieri più belli ma anche più battuti. Abbiamo quindi scelto un lungo percorso ad anello, di circa 15 km (partendo dalla funivia) e con senso orario, attraverso le lande più sperdute al centro dell’altopiano, concatenando vari sentieri.

ALTOPIANO DELLE PALE Itinerario
quota massima m 2700 (arrivo funivia)
lunghezza km. 15 circa
dislivello m 400 circa
partenza e arrivo Funivia Rosetta m 2700
sentieri 701, 756, 761, 766, 707, 709
difficoltà EE – escursionisti esperti
tempo 1 giornata
mappa Kompass 622

 

Descrizione

Spettacolare e grandioso itinerario sull’altopiano desertico delle Pale. Il dislivello è modesto ma con continui saliscendi su pietraie sterminate: le difficoltà tecniche sono pressoché nulle, salvo un breve passaggio di 30 metri su una facile placconata rocciosa (1° grado, circa a metà del percorso). Serve soprattutto una buona gamba e pedule robuste, indispensabile la cartina e un ottimo senso dell’orientamento. Assolutamente sconsigliato in caso di nebbia: per via della natura del terreno (specialmente nella seconda parte del percorso) e la scarsa segnaletica, la perdita di orientamento è pressoché sicura!

Percorso

Dall’arrivo della funivia si scende brevemente al rifugio Rosetta (circa mezzo km): si prosegue brevemente (circa 250 metri) verso nord est per 703 fino ad incontrare il segnavia 756 per Garès. Il sentiero diventa una mulattiera dal tracciato ben evidente, con abbondanti segni rossi sui sassi, che scende dolcemente attraverso grandiose distese pietrose. Man mano che ci si sposta verso nord emergono dall’orizzonte le spettacolari cime del versante est Cima Corona, Croda de la Pala, Cimon della Pala, quindi il passo Travignolo e Cima della Vezzana (m 3192, la vetta più alta delle Pale di S. Martino, che supera di pochi metri i 3184 del più famoso Cimon della Pala. Per i successivi 4-5 km si attraversano gigantesche e impressionanti pietraie, rallegrate di tanto in tanto dalle macchie colorate di Armeria alpina, Genziana germanica, Papavero alpino, e distese gialle di vulneraria. Valli e valloncelli, depressioni e altipiani riarsi si susseguono in continuazione mentre si cala gradulamente di quota fino a m 2330, presso una grande conca erbosa. Qui si incontrano inquietanti distese di Aconito Napello, coi loro affascinanti ma temibili fiori violacei: è specie protetta nonché velenosa e mortale! Poco dopo si incontra finalmente il bivio con il sentiero 761, che gira verso est a monte del monticello Marucol m 2362. La vista di apre grandiosamente a nord sulla verde valle di Garès, con le affilate rocce scure del Sasso Negro che fanno da singolare contrasto con il calcare delle Pale.

Inizia il ritorno

Oltrepassato il passo Marucol, dopo meno di un chilometro bisogna prestare attenzione poiché non bisogna perdere, come abbiamo fatto noi, il bivio che ritorna verso nord superando, con un dislivello di circa 300 metri, una specie di passo in mezzo alle Pale dei Balconi. Ci siamo accorti dell’errore quando, arrivati sulla bella conca erbosa di Campo Boaro, abbiamo iniziato a costeggiare il Sasso Negro con il sentiero che, altimetro alla mano, continuava inspiegabilmente a scendere. Qualcosa non quadrava: un rapido controllo delle carte e ci siamo resi subito conto che stavamo andando fuori rotta. Individuato il vallone di risalita più a monte, siamo ritornati indietro fino a trovare la sbiadita e grande scritta “Fradusta” su un masso che però, provenendo da ovest non avevamo visto poiché stava alle nostre spalle. Il bivio comunque si trova qualche decina di metri a monte di un riparo costruito con sassi tra le rocce, segnalato con scritte sui sassi. Un vero e proprio sentiero in realtà non esiste poiché la traccia risale sulla sinistra i gradoni rocciosi lungo un erto e selvaggio vallone: ci sono comunque abbondanti segni rossi e la salita è intuitiva. Prima di quello che appare come uno scollinamento c’è la placconata rocciosa citata precedentemente, un breve tratto di 30 metri da superare arrampicando facilmente. Qui incontriamo gli unici due esseri umani della giornata, due veneti che stanno scendendo verso Garès: ci mettono in guardia contro il pericolo della nebbia, suggerimento che accogliamo con un po’ di sufficienza visto che ci consideriamo escursionisti piuttosto navigati. In seguito ci siamo resi conto che avevano perfettamente ragione: raggiunto faticosamente lo scollinamento, ci si aprono dinnanzi, a ripetizione, sterminate distese di pietre. Raggiunto un crinale si pensa di arrivare rapidamente sull’altro versante e invece si apre un grandioso vallone da attraversare. E’ una sensazione quasi angosciante: distese di pietre a perdita d’occhio, sembra di essere sulla Luna, o su Marte. Non c’è anima viva in giro e sul terreno non cresce quasi neppure l’erba poiché sotto i i detriti superficiali c’è la viva roccia. L’unica traccia sono gli sbiaditi segni rossi sui sassi, però molto distanziati, anche a decine di metri. Frequenti anche gli ometti di pietra, che svettano anche sulle cimette circostanti: in ogni caso si devono sempre seguire i segni rossi. Mancando i riferimenti nelle sterminate distese pietrose si resta sempre nel vago dubbio di essere sulla retta via. Le conferme ci arrivano dagli incroci con altri sentieri: incrociamo il 768 in località Tromba del Miel, che scende sul versante della valle di Angheraz, verso Valle di S. Lucano. Siamo giusti. Bisogna procedere con attenzione, basta distrarsi un attimo per perdere subito i segni. Il percorso inoltre, cambia spesso direzione, apparentemente senza logica, in un continuo ed estenuante zizagare tra valli, vallette, valloncelli, depressioni, crepacci, fosse, buche, conche, costoni, scarpate. Si sale e si scende in continuazione, sia pure con dislivelli modesti ma abbastanza fastidiosi, specie dopo 10 km di marcia nelle gambe. Dopo ogni crinale si spera finalmente di raggiungere un sentiero pianeggiante, invece ecco la sorpresa di un nuovo girone dantesco da attraversare. Pensiamo per un attimo, rabbrividendo, cosa significherebbe essere in questo deserto d’alta quota con la nebbia o con il maltempo… Per fortuna la visibilità è ottima e non corriamo alcun pericolo. Camminiamo ancora, con buon passo per non perdere l’ultima discesa della funivia alle 17.45, attraverso spettrali lande desolate. Avvistiamo in lontananza il ghiacciaio della Fradusta, siamo a buon punto sulla via del ritorno, e anche un po’ stanchi. Incrociamo infine il sentiero 707, che corre lungo la Riviera di Manna, siamo sulla strada giusta. Dopo aver superato l’ennesima salitella maligna ci ricongiungiamo con il sentiero 709 proveniente da Passo Pradidali. Vediamo quasi con gioia dei segni di vita: degli alpinisti incamminati verso l’agognato rifugio Rosetta, che scorgiamo in lontananza con un po’ di altra gente. Sì, ci sembra proprio di essere tornati da un altro mondo.

testi e foto di
Alessandro Ghezzer
(Agh)

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