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31 Marzo 2015

IL GROPPELLO DI REVÒ: IN VAL DI NON RIPARTE IL VINO DI TERRITORIO

di: Alessandro Vaccari

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“Grop” in dialetto significa nodo. Proprio dalla forma del grappolo, un po’ annodato su di se, prende il nome il “groppello”, vitigno autoctono della Val di Non, la cui coltivazione è ripresa negli ultimi anni dieci o quindici anni, seppur in quantità limitate.

La storia del Groppello parte da lontano e caratterizza i comuni cosiddetti della Terza Sponda, Revò, Romallo e Cloz, in Val di Non. Pare che fin dal ‘500 le comunità disciplinassero i ritmi e le regole dell’agricoltura e dell’economia tramite l’elezione di un “guardiano” della vigna.

Sicuramente, le tracce del Groppello arrivano fino ai primi anni del secolo scorso. L’impero Austroungarico era solito far trasportare a Vienna, alla corte dell’imperatore, importanti quantità di questo vino e favorì la nascita di alcune tra la prime cantine sociali: la cantina sociale di Revò fu fondata nel 1893 mentre nel 1904 nacque quella di Cloz.

L’arrivo della Grande Guerra mise in crisi la produzione di questo vino, la cui produzione calò drasticamente fino a cessare completamente negli anni ’20, complice anche la diffusione della coltivazione della mela, più sicura e remunerativa. Alla fine degli anni ’90 però, un gruppo di produttori nonesi iniziò a riscoprire la coltivazione del Groppello, vero vitigno di territorio e di montagna che tutt’ora rispecchia le caratteristiche uniche del terreno dove cresce. Nel 2003 è stato riconosciuto come vino autoctono della Val di Non, a differenziarsi anche geneticamente dai Groppelli presenti sulla sponda bresciana del lago di Garda.

Le caratteristiche del Groppello sono del tutto particolari: è un vino rosso intenso rustico, marcato, dal forte impatto olfattivo e con profumi selvatici. Forse un vino non semplice da bere, piuttosto spigoloso, ma molto particolare e che racconta al meglio i pendii e le sponde del lago di Santa Giustina dove viene coltivata l’uva base.

In un mercato complesso come quello vinicolo, il Groppello non può essere una “semplice bottiglia di vino”. Deve riuscire a raccontare la storia da cui proviene, il paesaggio noneso, il territorio, deve valorizzare il contesto e la tradizione da cui proviene. Per questo oggi i produttori si sono organizzati in associazione: tra gli altri, la cantina Laste Rosse, Maso Sperdossi, Rizzi, Al Canyon e El Zeremia, forse quella che più di tutti, all’inizio, ha creduto nel Groppello come vino espressione del territorio noneso.

(Foto Cantina Laste Rosse)

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AUTORE DEL POST:

Alessandro Vaccari

Partito dal mondo degli eventi, si dedica al coordinamento di enti del terzo settore, al giornalismo agri-turistico, all'organizzazione di progetti formativi, all'animazione territoriale con particolare riferimento a temi come la ruralità, il territorio e la sostenibilità (ambientale e sociale).

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