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25 Marzo 2014

LA CANTINOTA DI PADERGNONE, IL VERO TRENTINO DI UN TEMPO

di: Alessandro Vaccari

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Alberto Bressan è un classe 1935. Suo fratello Ezio, un classe 1924. Fino al dicembre scorso, c’era anche il compianto Luciano, classe 1931. Con la loro “Cantina tipica” a Padergnone, rappresentano un pezzo importante di storia dell’accoglienza trentina.

La “Cantinota” (tutti qui la conoscono con questo nome) è classe 1933, e già questo ci dà la dimensione delle storie che porta con sé.

Siamo in cima alla Valle dei Laghi, ampia valle che dalla punta del Lago di Garda conduce verso nord, verso la città di Trento e le Dolomiti di Brenta. Alberto ed Ezio gestiscono questo luogo da oltre 80 anni, praticamente sono nati qui. La mamma, di Vezzano, un tempo gestiva l’Albergo al Gallo “con alloggio e stallo”, ci tiene a precisare Alberto. Un giorno decidono di aprire bottega. E’ il 1933 e da allora questo luogo non chiuderà mai, nemmeno durante la guerra quando rimane punto di riferimento per tutti i paesani ed i soldati di passaggio. Inizialmente è una bottega, poi diventa anche “cantina”, con un modello del tutto particolare. Si comprava il pane ed il companatico nella bottega (o lo si portava da casa, anche quello era permesso!) e ci si sedeva sul retro, nella cantina appunto, dove la mescita del vino era libera. Con due soldi si poteva bere tutto il vino che si voleva, “senza trarlo en tera” (senza spargerne alcuna goccia) e si pagava solo quello.

Sulla strada del paese, che fino al ’74 era la strada principale della valle, un’ampia vetrina dal gusto retrò dà luce alla bottega, un piccolo dispaccio per “provèder” (provvedere, acquistare). A fianco della bottega si entra in cantina, due locali piuttosto ampi con tavolacci in legno ed una stanzina più piccola, dedicata alla mescita del vino. L’ambiente emana storia. Dalle scritte sui tavoli e sui muri, capisci quanta gente si è fermata, almeno una volta, in questo luogo. Su una parete, una quantità di attrezzi agricoli da fare invidia ad un museo contadino. Raccolte di monete e banconote da tutti i paesi e di tutte le taglie e date. Cimeli della storia trentina, vecchie bottiglie di vino ormai coperte di polvere.

Qui si trova una tradizione di accoglienza semplice, non un ristorante, ma una vera e propria càneva, con il sapore di pane, anzi, panini e un bicchiere di vino, in questa terra vocata al Nosiola e soprattutto al Vino Santo.

L’offerta, negli anni, è rimasta simile, anche se è cambiata la clientela. Pur rimanendo riferimento per la comunità trentina, i fratelli Bressan sono stati dei pionieri del turismo, intercettando i turisti che dopo la guerra iniziavano a visitare il Lago di Garda. Inizialmente la posizione strategica, sulla strada, aiutava a farsi notare anche tra chi percorreva la strada per turismo. In un secondo momento, i fratelli Bressan si dedicarono alla promozione e qui Alberto ci racconta dei suoi numerosi viaggi all’estero, negli anni ‘50 e ’60, per “spiegare” la Cantinota alle agenzie viaggi. Memorabile il viaggio in Lambretta a Monaco di Baviera nel ’58. Pur nella semplicità dell’offerta, la “Cantinota” attira ancora oggi le attenzioni di tante persone. Gruppi organizzati, turisti di passaggio, agenzie di viaggio, tutti ad apprezzare una pausa nella semplicità di questo luogo. Ormai trovi gente da ovunque: americani, cinesi e giapponesi, si ricordano con simpatia addirittura due maestre dalla Siberia.

C’è anche una loro foto appesa alle pareti, assieme alle foto di personaggi che spesso venivano qui a rifocillarsi o a trascorre qualche sera: Bruno Kessler, lo scultore Othmar Winckler, il vescovo di Bressanone Monsignor Gargitter, quest’ultimo parecchio affezionato a questo luogo.

Oltre alle immagini, sui muri a volta della cantina si leggono detti popolari tra i più disparati, come questo, ad esempio: “Qui bene bibit, bene dormit. qui bene dormit, non peccat. qui non peccat, in paradisum trotulat. Ergo: qui bene bibit, in paradisum trotulat”. Altri motti a sfondo molto più maschilista, segno di tempi e culture in parte fortunatamente passati. Il più divertente, forse, questo “Non metterti in cammin, se la bocca non sa di vin”. Il “non” però è cancellato, perché “mi devo adeguare ai tempi” ci spiega Alberto.

Entrare in Cantinota è un salto nel passato, alle radici della civiltà contadina trentina: un panino, un bicchiere di vino, e la grande cordialità dei padroni di casa, Alberto ed Ezio Bressan.

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AUTORE DEL POST:

Alessandro Vaccari

Partito dal mondo degli eventi, si dedica al coordinamento di enti del terzo settore, al giornalismo agri-turistico, all'organizzazione di progetti formativi, all'animazione territoriale con particolare riferimento a temi come la ruralità, il territorio e la sostenibilità (ambientale e sociale).

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