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14 Marzo 2025

Caseificio Sociale Alta Val di Non: Passione casearia tra storia, qualità e sostenibilità

di: Girovagando in Trentino

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La Val di Non viene spesso idealizzata come la valle delle mele ma in realtà oltre alla coltivazione del melo c’è un’altra attività molto diffusa. Ci riferiamo alla zootecnia che ha portato nell’ultimo secolo ad una crescita importante dei volumi di latte prodotti e alla conseguente nascita di una tradizione lattiero-casearia locale.

Il Caseificio sociale Alta Val di Non, Romeno e Cavareno è testimonianza di come la produzione casearia sia evoluta rapidamente a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso. Enrico Zucal, presidente del citato Caseificio, ci presenta il più grade sito produttivo di Trentingrana in regione.

Il Caseificio sociale di Romeno fra tradizione ed innovazione

La tradizione casearia è parte integrante della storia economica dell’Alta Val di Non: già alla fine del 1800, infatti, a Romeno, era stato realizzato un caseificio turnario dove i singoli allevatori potevano produrre il proprio formaggio per l’autoconsumo familiare. Alla fine degli anni cinquanta, il caseificio turnario divenne caseificio sociale. Visto l’incremento della produzione di latte era necessaria una struttura dove gli allevatori potessero conferirlo per poi avviarlo alla produzione, professionale e continuativa, di formaggio.

Se inizialmente, però, venivano prodotti soprattutto formaggi a pasta molle, ora il Caseificio sociale Alta Val di Non produce per il 95 % Trentingrana. La presenza di ampie zone pianeggianti, pur essendo in quota, consente di lavorare i prati in modo da avere a disposizione foraggio di qualità e proprio il nutrimento genuino delle vacche da latte influisce sulla qualità e sul gusto del formaggio.

Inoltre le attività di zootecnia, oltre ad essere un fattore positivo per l’economia della Valle, lo sono anche da un punto di vista sociale e territoriale in quanto gli allevatori falciando i pascoli, mantengono le campagne sempre in ordine e ben mantenute. Nel 2021 il Caseificio ha inoltre fatto un investimento importante puntando su nuove tecnologie produttive, tuttavia rimane sempre fondamentale la manualità e l’esperienza del casaro.

Altre risorse sono state, inoltre, destinate a favore della sostenibilità ambientale della produzione: è stato sostituito il vecchio impianto di depurazione, inoltre è stato installato un impianto fotovoltaico per l’approvvigionamento di energia elettrica pulita. Da un paio di anni, poi, è stato messo in funzione un impianto di biogas per lo smaltimento dei liquami delle stalle.
L’azienda casearia sita a Romeno pensa al futuro e nei prossimi progetti il presidente Zucal prevede un ampliamento del punto vendita, la creazione di nuovi prodotti e la valorizzazione del Trentingrana.

La produzione del Trentingrana

Nello stabilimento di Romeno si producono diversi formaggi fra cui la Fontal, i Nostrani con diversa stagionatura, le cacciotte ed il Fior di pascolo, a pasta molle. La quasi totalità della produzione è però rappresentata dal Trentingrana. Il casaro responsabile del Caseificio sociale Alta Val di Non, Manuel Flaim, ci spiega quali sono le fasi di lavorazione per ottenere una forma di Trentingrana: “Sono 2 gli ingredienti principali del Trentingrana: il latte ed il siero innesto ed entrambi devono essere di qualità ottima. Vanno poi aggiunti il caglio ed il sale. Nel Trentingrana prodotto spiccano il profumo, la struttura e il colore dell’impasto ed è un formaggio senza conservanti. La lavorazione è molto delicata e occorre seguire ogni dettaglio.”

Per prima cosa il latte viene messo nella caldaia in rame e gli viene aggiunto il siero innesto, ottenuto dalla lavorazione della giornata precedente. Il siero innesto contiene i fermenti, necessari per la maturazione e la conservazione. In seguito viene aggiunto il caglio e dopo il tempo di presa avviene la rottura della cagliata con uno strumento denominato spino. Prima si utilizza lo spino manuale e poi quello meccanico. Terminata questa fase si inizia la cottura tramite l’agitazione della cagliata e una volta raggiunta la temperatura di cottura, si lascia cadere la cagliata sul fondo della caldaia in rame.

Dopo un tempo di sosta sotto siero di circa un’ora viene estratta la massa caseosa che verrà divisa in due forme. Queste ultime vengono poi messe in fascera dove assume la forma tipica tondeggiante. A questo punto le forme vengono immesse in salamoia, una soluzione di acqua e sale e qui rimangono per un tempo di 20 giorni. Trascorso questo lasso di tempo, le forme vengono portate in magazzino dove rimangono fino alla prima espertizzazione.

Questa fase prevede l’intervento di un esperto del Consorzio Trentingrana che procede alla battitura, attraverso l’utilizzo di un martelletto verifica la qualità delle singole forme e le classifica di conseguenza. Le forme di qualità destinate ad ottenere il marchio Trentingrana verranno trasferite nei magazzini di Segno e di Gardolo dove ha inizio la fase di stagionatura che può essere di 18, 24 o 36 mesi.

A questo punto il Trentingrana è pronto per esser messo in vendita e arricchire le nostre tavole.

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