Ecco una “classicissima” escursione in Vallarsa: la salita al Col Santo. Per le caratteristiche del percorso, facile, panoramico e generalmente sicuro da valanghe poiché si volge in gran parte su un’ampia spalla, rappresenta una mèta ideale per sci alpinisti e, da quando sono diventate di moda, anche dagli escursionisti con le ciaspole.
Chi non se la sente di affrontare la salita che qui proponiamo, può ripiegare sulla lunga forestale che sale fino al Rifugio Lancia.
La nostra mèta, il Col Santo, è una dorsale arretrata a nord ovest rispetto al Pasubio e perciò ci offre una visuale inedita e molto interessante su questo gruppo montuoso. L’ampio e lungo spallone che sale fin poco sotto la cima ci permette una salita senza problemi di sorta, con panorami sempre vari. E’ un’escursione facile, di gran soddisfazione in particolare per gli sci alpinisti (e sci escursionisti) poiché sul pendio rivolto a nord la neve si rovina più lentamente (croste).
E’ un percorso generalmente sicuro se si percorre l’ampia dorsale: itinerari o discese alternativi vanno valutati con attenzione. Come sempre, molto opportuna è la consultazione del bollettino meteo e soprattutto del bollettino valanghe. Riguardo alle cartine, a quanto ne sappiamo, non esistono mappe escursionistiche della zona in scala 1:25.000 e quindi ci dovremo arrangiare con la Kompass n. 101 nella scomoda scala 1:50.000. L’orientamento è comunque intuitivo e non presenta difficoltà, salvo condizioni di maltempo o nebbia: in questo caso, specie nella parte alta del percorso, si possono incontrare problemi.
Da Rovereto si imbocca la Vallarsa (direzione Trambileno – Passo Pian delle Fugazze), dopo circa 3 km scarsi prestare attenzione a un bivio sulla sx con indicazione Rifugio Lancia, quindi si prosegue fino a Giazzera m 1092, posteggiando l’auto circa 1 km a monte del piccolo abitato in uno spiazzo lungo la strada. Abbiamo conferma della giustezza dell’etimologia: siamo stati a Giazzera (ghiacciaia) due volte, e per due volte la strada era ricoperta da un ghiaccione tremendo.
Per fortuna arriviamo dopo una nevicata recente e quindi non ci sono problemi. Calziamo i nostri sciotti da escursionismo e risaliamo lungo la strada forestale: dopo un paio di km incontriamo sulla sinistra il bivio con segnavia 132. Ora comincia la parte “tosta”: la stradina si inerpica gagliarda su per un fitto bosco di faggio, con qualche tornantino e tratti ghiacciati, con gli sciotti al limite dell’aderenza nonostante le pelli di foca. Noi si va su leggeri, mentre i ciaspolatori sbuffano come mantici. E’ il tratto più duro, ma per fortuna è breve: dopo circa mezzora si sbuca finalmente dalla boscaglia sull’ampia spalla, con macchie di bosco rado di larici.
Con pendenza modesta ma costante si arriva ad una bellissima spianata, le Praterie del Pazul, con casette sepolte di neve. Si punta dritti allo spallone verso la cosiddetta Baita Marisa, una specie di villetta, quindi ci si mantiene costantemente sulla dorsale con visuali sempre più spettacolari man mano che ci si alza di quota. Si vede il grande spallone che curva verso est e sullo sfondo il grande “panettone” del Col Santo. Scorgiamo, con orrore, la cima affollata come la metropolitana di Tokyo nelle ore di punta, sapremo poi di essere incappati in una mega comitiva del CAI di Brescia o chissà dove.
D’Altronde la giornata è fantastica e i 30-40 cm di neve fresca sono letteralmente il sogno di qualsiasi sci alpinista: il vallone sul versante nord è tutto un ghirigoro di tracce in neve fresca, una vera libidine. Dopo un traverso nei pressi del Doss Dell’Anziana (le battute si sprecano all’indirizzo delle componenti femminili della comitiva) ecco l’erta finale che porta in breve alla vetta, con una grande croce in legno. Il panorama è semplicemente grandioso. Siccome abbiamo la mania dei giri ad anello, e disdegnando perciò il rientro per il medesimo percorso di salita, decidiamo di scendere al Rifugio Lancia.
Siamo un po’ in apprensione perché non conosciamo il percorso e non sappiamo come sono i pendii a sud della cima: cartina alla mano caliamo un po’ di quota con robusti traversoni, la neve è poca, i costoni sono spelacchiati e quindi non destano preoccupazioni. Vediamo sul Col Santino uno scialpinista solitario lanciarsi giù per la parete ovest con una serpentina impeccabile nella neve fresca: invidia! Arriviamo facilmente alla Sella del Col Santo ma qui abbiamo una sgradita sorpresa: per raggiungere il rifugio c’è un ripidissimo e disagevole pendio.
Gli sci alpinisti ci si buttano, anche se pure loro con serie difficoltà tra roccette, salti, neve crostosa a tratti pantanosa, boscaglia, macchie di prato e sassi. Ci facciamo il segno della croce e ci buttiamo pure noi, coi nostri scietti e il tallone libero. La classe non è acqua: coi soliti indovinati traversoni abbinati a robusti dietro-front, caliamo rapidamente di quota fino a raggiungere la fantastica spianata nei pressi di Malga Pozze. Di lì al rifugio Lancia sono poco più di 5 minuti. Ci fermiamo ad osservare le fantastiche distese immacolate nei pressi del rifugio, gigioneggiamo correndo con gli sci nella neve fresca, facendo foto e video.
Inizia il rientro per la lunghissima, anzi eterna, discesa sulla bella stradina forestale che cala lentamente a valle, con molti tratti in falsopiano: è battutissima come se fosse una pista, pensiamo debba essere bellissimo scendere con i bob o le slitte, magari in notturna. Ma anche coi nostri sciotti non è affatto male, anzi: risucchiamo tantissimi ciaspolatori che ovviamente sono molto più lenti di noi, in una discesa molto bella nel bosco.
La Vallarsa è conosciuta principalmente per la presenza del Monte Pasubio, epico teatro della Grande Guerra, di cui si possono ancor oggi osservare le meste tracce: rocce frantumate da esplosioni, gallerie, croci e reticolati, trincee. In contrapposizione a questo paesaggio di guerra, oggi la zona è diventata mèta di pellegrinaggio di pace con il famoso “Sentiero della Pace”: circa 400 km dallo Stelvio alla Marmolada lungo la linea di fronte della Prima Guerra Mondiale, passando anche per le località della Vallarsa.
Dalla Campana dei Caduti a Rovereto, il sentiero conduce alle fortificazioni del Monte Zugna e di Passo Buole (detto Termopili d’Italia) e sale quindi sino alle vette del Monte Carega, definite anche “Le Piccole Dolomiti” per la bellezza delle frastagliate creste e guglie calcaree. Dal Passo Pian delle Fugazze lungo la Strada degli Eroi, il sentiero raggiunge la vetta del Monte Pasubio, la conca di Lancia e Col Santo ed incrocia il sentiero europeo E5 che corre dallo svizzero Lago di Costanza sino al Mar Adriatico.
Tra le diramazioni del sentiero, la più significativa è la Strada delle Gallerie, che tocca rifugi, malghe e punti panoramici molto affascinanti. Da vedere anche il caratteristico e solitario eremo di San Colombano, costruito nella roccia su uno strapiombo di circa 120 metri nell’orrido del torrente Leno.
“Che tu sia il benvenuto nel regno della Pozza” sta scolpito nel “Sassom”, l’enorme masso posto alla fine della Valle del Chèserle, soglia di un territorio incontaminato come quello del Pazul che in molti oggi vorrebbero vedere elevato a parco naturale. L’alpeggio della Pozza fu “scoperto” negli anni ‘20 da pochi, giovanissimi soci della S.A.T. roveretani. Il fascino di quell’ambiente, di quegli spazi enormi, si accresceva durante il periodo invernale, tra le incantevoli estensioni nevose. Quei pionieri si riunirono nel Gruppo Sciatori malga Pozza; in quegli anni si partiva a piedi da Rovereto con gli sci in spalla, si raggiungeva Giazèra e infine la malga. – dal sito Sat
L’idea di costruire un rifugio all’Alpe Pozza fu lanciata da Amedeo Costa nel 1931 che già allora intendeva intitolarlo a Vincenzo Lancia, industriale torinese pioniere dell’automobilismo, fondatore dell’omonima casa automobilistica. Nel 1937 la scomparsa di Vincenzo Lancia diede ulteriore forza all’idea di Amedeo Costa. Il progetto del rifugio fu elaborato dall’arch. Giovanni Tiella e nel contempo si mise mano alla strada di malga Pozza per agevolare il trasporto dei materiali. Il rifugio Lancia fu inaugurato il 28 ottobre 1939.
Nel dopoguerra sull’Alpe Pozza entrò in funzione la prima seggiovia del Trentino meridionale; fu ancora Amedeo Costa a promuovere l’iniziativa. La seggiovia collegava Pozzacchio con il rifugio ed entrò in funzione nel 1947. Dopo alcune stagioni però, nel 1953, l’impianto fu smantellato per le difficoltà di mantenere aperta la strada in inverno. Nel 1968 fu inaugurata la chiesetta realizzata dal Corpo forestale dello Stato nei pressi del rifugio.
Negli anni successivi il Lancia è stato continuamente migliorato nei servizi e nella struttura. La Sezione Sezione
S.A.T. di Rovereto di Rovereto da diversi anni sta portando avanti con impegno e con il sostegno della Organizzazione Centrale (O.C.) della S.A.T., la battaglia per il riconoscimento del Pazùl e delle Piccole Dolomiti come parco naturale. Tra gli obbiettivi figura la chiusura alle automobili della strada per l’Alpe Pozza.
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testi e foto di Alessandro Ghezzer
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