Lo spettacolare sentiero attrezzato nel canyon sopra Mezzocorona – 15/03/2008
La Val di Non è famosa non solo per le mele ma anche per i suoi fantastici canyon: tra i più celebri quello del Rio Novella che sfocia sul Lago di S. Giustina. Tutta la zona orientale della Val di Non è caratterizzata da giganteschi fenomeni di erosione: i torrenti, di origine glaciale, hanno scavato profondamente la roccia in un intrico di profonde gole, burroni, abissi, forre, orridi spettacolari. Uno dei canyon più belli, percorribile a piedi grazie ad un sentiero attrezzato, si trova nella parte meridionale delle Cime di Vigo, ultima propaggine di Cima Roccapiana m 1873, sopra l’abitato di Mezzocorona: il Burrone Giovanelli.
Via ferrata “Burrone Giovanelli”
Agli inizi del Novecento il medico condotto di Mezzocorona, Tullio Giovanelli, che era anche un appassionato montanaro, si avventurò nella selvaggia forra a circa 1,5 km a ovest del paese: ne rimase talmente colpito che segnalò all’autorità pubblica la straordinaria bellezza naturale del percorso, chiedendo nel contempo un finanziamento per dotarlo di funi metalliche e scale. Nel 1906, con una grande festa a Monte, fu celebrata l’apertura del percorso “Burrone delle Carbonare”, che nel 1940 sarà intitolato allo stesso Giovanelli. Nel 2008 questo percorso, seppure parzialmente modificato rispetto all’originale, riesce ancora a meravigliare per l’incredibile gola che si cela, ben nascosta, nelle viscere della montagna: ogni anno è percorso da migliaia di escursionisti attratti dalla insolita bellezza del luogo e dalla relativa facilità di accesso grazie alla via attrezzata. La salita non è difficile ma richiede l’attrezzatura da ferrata (imbrago, moschettoni e casco), assenza di vertigini, pié fermo. La via si arrampica su un ripido e apparentemente inaccessibile costone roccioso, superato il quale ci si infila nella penombra del canyon vero e proprio, una stretta gola sul cui fondo scorre un piccolo torrente. I salti di roccia si superano grazie a scale metalliche, cordini, staffe. Ad un terzo della salita il canyon si apre in una voragine dalla quale precipita una bellissima cascata alta 80 metri, “la Cascata della Cravatta”, così chiamata per la sua forma trapezoidale.
Percorso
Da Mezzocorona ci si porta, uscendo dal paese verso ovest, in località Ischia, proprio sotto la parete rocciosa, dove si parcheggia nei pressi di un’area picnic. Si seguono i cartelli con le indicazioni del sentiero, entrando nella pineta e arrivando ben presto ad un bivio: entrambe le direzioni indicano “Burrone Giovanelli”, il sentiero in basso (a sx, salendo) permette di attaccare la via ferrata un po’ più in basso, quello in alto evita la parte iniziale più ripida. Noi scegliamo il tratto intero, attraversiamo il bosco per circa 1 km fin dentro una valletta con un canale di derivazione dell’acqua. Superato un ponticello, ci si porta all’imbocco della forra dove c’è uno slargo con una cascatella alta 5-6 metri che precipita fragorosamente: Qui si indossano gli imbraghi. L’inizio è “brutale”, con due lunghe scale quasi verticali che superano una prima parte di parete alta circa 20 metri. Questa è la parte forse più impegnativa di tutto il percorso: finite le scale, il sentiero piega in un traverso orizzontale (attrezzato con cordino) che si porta sulla parte di costone meno ripido, dove ci si inerpica con attenzione in un tratto con roccette, non attrezzato, un po’ esposto, con brevi passaggini di 1° grado. Non è difficile, gli appigli sono moltissimi, ma bisogna stare molto attenti a non inciampare perché se si vola si fa un bel salto di sotto. Una scaletta permette di superare una grossa frattura nella roccia, oltre la quale il sentiero riprende a salire tra le roccette senza grosse difficoltà. L’inizio un po’ claustrofobico si esaurisce ed il panorama si apre grandioso sulla Piana Rotaliana. Si sale ancora, sulle roccette ripide, camminando e arrampicando un po’, fino alla lapide commemorativa dedicata a Tullio Giovanelli. Qui inizia il canyon vero e proprio, con un angusto passaggio tra le rocce si supera carponi una piccola cengia quindi con una scaletta si scende qualche metro nel letto del torrente, di solito abbastanza scarso d’acqua. Sulla riva opposta una serie di scale supera delle ripide balze: qui la roccia è liscia e scivolosissima (unta) e se non fosse per le staffe d’aiuto sarebbe veramente un problema superare questi passaggi. Si sale ancora, il canyon si restringe e tra le pareti verticali è incastrato un grosso macigno di parecchie tonnellate. Lo si supera sul fianco sinistro, grazie a cordini ed una passerella in ferro, presso la quale si trova un (brutto) capitello in ferro. Si traversa ancora il canyon, camminando nel letto del torrente (meglio avere delle buone scarpe a tenuta d’acqua), in una nicchia vediamo una cassetta di pronto soccorso. A questo punto, il più è fatto: ora si prosegue senza più arrampicare in fondo al canyon, che sale con pendenza modesta tra incredibili pareti verticali alte quasi 100 metri, in uno scenario da “Viaggio al centro della terra”. Pesticciando nell’acqua e saltellando di qua e di là per evitare i numerosi rivoli, si inizia a vedere della vegetazione fino a sbucare nella grande forra dove precipita un’altissima cascata: la “Cascata della Cravatta”, il cui vapore acqueo ondeggia alle folate di vento (occhio alle docce). Il canyon si apre ancora, un’ultima scala permette di superare lo sbalzo finale di roccia, gocciolante d’acqua, e di arrivare al bosco. Qui si osservano numerosi esemplari di alberi di Tasso (Taxus baccata), un albero piuttosto raro in Trentino. E’ detto anche “albero della morte” per la presenza nelle parti vegetative della pianta della tassina, un potentissimo veleno. Solo gli arilli, quelle specie di bacche rosse, ne sono prive. Queste escrescenze carnose ricoprono il seme, anch’esso molto velenoso. Gli uccelli mangiano la polpa, innocua e commestibile, quindi espellono il seme ancora integro con le feci (se lo digerissero sarebbe mortale), favorendo la diffusione di un nuovo esemplare. Il tasso è quindi una pianta zoofila, che si serve degli animali per riprodursi. Il tasso può raggiungere un’altezza di 20 metri ed è una pianta molto longeva: può superare anche i 2.000 anni di età. Nel medioevo il legno era particolarmente apprezzato per l’elasticità e compattezza, utilizzato specialmente per la costruzione degli archi. Dall’uscita del canyon, dopo l’ultima scala, in circa 20 minuti si raggiunge il bel Bait dei Manzi, nei pressi del quale si sta ristrutturando un bivacco (attualmente non agibile). Di qui si può rientrare per la ripida Strada delle Longhe, verso ovest, oppure in direzione est per comoda strada forestale in costa fino a raggiungere l’abitato di Monte (puntata Girovagando 29 maggio 2004), dove si può fare un’ottima mangiata di “Tortel di patate” al Ristorante Ai Spiazzi, quindi scendere a Mezzocorona in funivia oppure col lungo e panoramico sentiero. Dalla stazione di partenza della funivia bisogna poi raggiungere a piedi, in circa 2 km, la località Ischia dove abbiamo lasciato l’auto.