Lenzima. Prima di entrare nel paese sulla sinistra si trova un parcheggio (quota 590 m). Dal parcheggio si continua lunga la strada seguendo le indicazioni per Nomesino. Superato il paese, al primo tornante si imbocca a destra la stradina a fondo naturale seguendo le indicazioni dell’itinerario “F11 Isera – Castel Corno”.
In breve si raggiunge la strada asfaltata che collega Lenzima a Patone passando per Castel Corno. Prendiamo a sinistra e procediamo fino ad un parcheggio dove invertendo il senso di marcia imbocchiamo la stradina che costeggia il parcheggio. Fin qui circa mezz’ora dalla partenza.
Percorsa qualche decina di metri, al bivio in corrispondenza di una tabella di indicazione (“F11 Lenzima – San Valentino”) svoltiamo verso sinistra. Il tracciato si inerpica nel bosco con pendenza molto sostenuta e dopo circa un ora dalla partenza giungiamo al capitello di San Valentino. La fascia rocciosa in cui è collocato il capitello viene superata risalendo alcuni tornanti sostenuti da muri a secco la cui fattura merita la nostra attenzione (in particolare il tratto sulla destra – sporgersi con attenzione – che precede il primo tornante).
Dopo l’ultimo tornante si procede diritti su pendenza modesta per circa 5 minuti fino ad un bivio con indicazione “F11 Lenzima – San Valentino” dove svoltiamo a sinistra invertendo la direzione (sulla destra verso valle nel folto della vegetazione è possibile scorgere un piccolo ricovero in pietra). Si continua diritti sempre con pendenza moderata, si oltrepassa una stanga di divieto di transito fino a giungere in un’ampia radura. Percorriamo un paio di tornanti, il secondo dei quali gira attorno ad un’abitazione in rovina.
Procediamo in salita fino a raggiungere, dopo circa tre quarti d’ora dal capitello di San Valentino, il bivio con la strada bianca che da passo Faé conduce in località Nagustèl (raggiungibile in pochi minuti). Siamo giunti al punto più alto dell’itinerario (1170 m). Iniziamo a scendere, superiamo una bella piana coltivata (fig. 6) in cui si trovano le strutture metalliche di una coltivazione di fragole ora dismessa, continuiamo in direzione del passo Faé osservando dall’alto il boscoso versante nord del Monte Faé.
Giunti ad un bivio a poca distanza dal passo Faé svoltiamo a destra e, seguendo le tracce dei mezzi meccanici, attraversiamo dei campi coltivati fino a riguadagnare il tracciato a fondo asfaltato. Procediamo in discesa costeggiando una bellissima area terrazzata fino ad incrociare la strada (S.P. n. 45) che collega Nomesino a Lenzima e che seguiamo in discesa fino ad un bivio sulla sinistra (indicazioni “F11 Lenzima – San Valentino”). Fin qui è trascorsa poco meno di un’ora da quando abbiamo iniziato la discesa.
Imbocchiamo il bivio a sinistra, sempre su fondo asfaltato, e superiamo un modesto dislivello fino ad un tornante dove si trova una croce (ottimo belvedere sull’abitato di Nomesino). Continuiamo in leggera salita, oltrepassiamo il bivio per le trincee del monte Faé ed iniziamo la discesa che ci ricondurrà a Lenzima. Giunti ad un bivio con indicazione “F11 Lenzima – San Valentino” prendiamo a sinistra sempre su fondo asfaltato che di lì a poco lascerà il posto al fondo naturale.
Percorriamo il bel tracciato nel bosco costeggiato da muri a secco per poi giungere nuovamente su fondo asfaltato. Stiamo ora fiancheggiando il versante sud – est del Monte Faé. Continuiamo a scendere lungo la stradina asfaltata e senza possibilità di errori ci avviciniamo a Lenzima che raggiungiamo dopo circa un’ora di cammino dal bivio dove abbiamo abbandonato la strada (S.P. n. 45) che collega Nomesino a Lenzima.
Nel corso del 1914 gli austriaci prepararono una linea di difesa sui versanti meridionali della valle di Gresta. Il Monte Faé era un caposaldo strategico che dominava la sottostante Vallagarina, situato ad est di quello di Nagià – Grom, a cui era collegato da un camminamento in trincea, che passava per i paesi di Nomesino e Manzano. Inoltre, sul versante est, era collegato alla linea difensiva che, lungo la dorsale sud-est del Creino, scendeva fino a Rovereto. Era circondato da due linee di trincee concentriche, una sommitale ed una sottostante, in parte scavate nella roccia, queste correvano lungo i versanti ovest, sud ed est. C’erano, in postazioni riparate, alcune batterie d’artiglieria con pezzi da 90 e da 105 e batterie di mortai; per la difesa ravvicinata, erano dislocate in vari punti, postazioni per mitragliatrici e fuciliere; riparati, a nord, c’erano i ricoveri e i locali per la logistica. Queste postazioni sono oggi recuperate e rese visitabili.
Testi e foto a cura di: Claudio Francescatti